venerdì 2 novembre 2007

I MARTIRI CALABRESI DEL NOSTRO TEMPO

Davanti a certi fatti, rimango davvero senza parole. Ma poi provo talmente tanta rabbia, che non riesco proprio a star zitto.
Mi riallaccio qui al post lanciato da Tato sul forum del maluspitali, relativo all'incredibile fatale odissea che, purtroppo, è costata la vita al giovane Flavio Scutellà, di Scido.
E' l'ennesima malastoria calabrisi e, avanti di questo passo, non so proprio per quanto ancora riusciremo a sopportare una situazione davvero tragica.
Stando a quanto hanno riferito le cronache, tutti gli ospedali contattati erunu chini, non avevano posti letto disponibili. Ma ddhu 'maru figghiolu, non aviva bisogno di un posto letto,aveva bisogno solo di una sala operatoria!
Ci hanno detto anche che, una volta arrivato in ospedale alle 21, è stato portato in sala operatoria solo all'1 di notte, cioè dopo quattro ore, perché tutte le sale erano impegnate o comunque non disponibili.
Ecco cosa succede e potrebbe continuare a succedere (stando alle previsioni del Piano Sanitario Regionale che prevede, tra l'altro, la chiusura dell'ospedale scillese),fino a diventare "normale"(!?), quando si concentra in un solo ospedale un'utenza di 400.000 persone (o giù di lì).
Non è questione di medici bravi (che pure dalle nostre parti non mancano di certo) o meno.
E' una semplice questione di "geografia sanitaria", che però passa magicamente (ma non certo misteriosamente) in secondo piano, dietro a un'altra materia che, evidentemente è ritenuta essere molto più importante da chi amministra la sanità regionale: la ragioneria.
Ma per quanto i nostri politici stiano sforzandosi di cercare la maniera per risparmiare (perché è questa la finalità uiltima del nuovo Piano Sanitario Regionale, dicono loro), i conti purtroppo continuano a non tornare.
E non mi riferisco certo a quelli dei bilanci, ma a quelli delle vite umane sacrificate.
Sì, perché secondo me, Flavio e prima di lui Federica (la ragazza morta a Vibo solo pochi mesi fa), vittime di storie al limite dell'umana sopportazione, sono i martiri calabresi del nostro tempo.
L'autoaugurio -che ci facciamo noi tutti- è che non si pensi solo a chiudere i cordoni della borsa ma soprattutto ad aprire gli occhi, perché queste tragedie non si ripetano più.
E aprire gli occhi, vuol dire rendersi conto che alcune scelte non possono essere fatte sulla carta, ma valutando la realtà che ci circonda. E la realtà calabrese è fatta, purtroppo, anche di queste tragedie. Occorre dunque che i nostri amministratiori regionali decidano, non si può perdere altro tempo; non si possono nascondere le perdite di vite umane dietro sterili discussioni di natura contabile.
Ricordino solo che decidono loro sì, ma sulla nostra pelle!